Negli ultimi anni si sente moltissimo parlare di “dipendenza affettiva”, termine che sembra richiamare in senso assoluto una condizione patologica o, comunque, di malessere.
Nella realtà dei fatti e delle relazioni umane la “dipendenza” è uno degli elementi costitutivi e imprescindibili del desiderio amoroso, è ciò che ci fa sentire vulnerabili, esposti e alla mercé della persona amata e che alimenta la passione in una relazione. D’altra parte è quello che abbiamo sperimentato nelle nostre prime fasi di vita: una totale dipendenza da chi si prendeva cura di noi, da chi ci ha consentito di sopravvivere quando ci mancava l’autonomia necessaria per prenderci cura di noi stessi (per esempio i nostri genitori o gli adulti di riferimento).
Ci sono però delle relazioni nelle quali questa situazione di dipendenza può diventare patologica: sono tutti quei casi nei quali il normale gioco del desiderio si trasforma in una situazione di perdurante malessere, nel quale sembra impossibile anche solo pensare di separarsi dalla relazione che fa stare male ed è fonte di infelicità e disconferme.
A volte la dipendenza affettiva prende la forma di una quasi totale assenza di reciprocità, nella quale uno dei due partner diviene un “donatore di amore a senso unico”. In queste situazioni la dipendenza si alimenta e si nutre del rifiuto, della svalutazione e dell’umiliazione; non perché si provi piacere in queste situazioni ma ciò che conduce a “resistere” è il desiderio di cambiare l’altro, di convincerlo del proprio valore, di salvarlo, riuscendo a farsi amare da chi non vuole o non è capace. Queste situazioni spesso si alimentano anche di convinzioni legate all’amore romantico: “è vero amore solo quello che fa soffrire”, “la mancanza di certezze tiene vivo il desiderio” ed è aggravato da una “auto-attribuzione” di colpe che nella realtà non si hanno: “ho sbagliato io e il suo comportamento è solo una conseguenza dei miei errori”, “se mi ha offeso in questo modo è solo perché io ho tirato troppo la corda”.
Altre volte, invece, la dipendenza affettiva assume più la forma di relazioni soffocanti, che non aiutano lo sviluppo di sè e che sono solo capaci di ripiegarsi su sé stesse: c’è una quasi completa incapacità di riconoscere i propri bisogni, e non ci si dà il permesso di avere dei desideri che vadano al di fuori della coppia: altre amicizie, interessi, hobby, attività che non coinvolgono l’altro. Ci si sente così tremendamente in colpa e impossibilitati a “lasciare l’altro da solo”, in una impossibilità di riconoscere la propria individualità e identità specifica.
Come psicologhe del Centro Psicologia Clinica di Saronno ci occupiamo di questi temi sia nelle terapie individuali che nei percorsi di coppia, aiutando le persone innanzitutto a riconoscere lo stato di malessere nel quale si trovano (che a volte viene dato per scontato) e a comprendere insieme come migliorare il benessere e la soddisfazione nelle relazioni sentimentali.
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